Olio extravergine d’oliva: differenze, molecole protettive e benefici reali

Olio extravergine: differenze dall’olio di oliva, polifenoli spiegati semplice, perché fa bene, come conservarlo e cosa si ricava dagli scarti.

9/22/20254 min leggere

Differenza tra olio di oliva ed extravergine

La distinzione non è solo di nome, ma dipende da parametri chimici e sensoriali.

  • Olio extravergine di oliva (EVO) → è ottenuto unicamente da processi meccanici (spremitura, centrifugazione) e deve rispettare due requisiti:

    1. Acidità libera (misurata in acido oleico) ≤ 0,8 g per 100 g. Un valore basso indica che le olive sono state lavorate fresche e senza fermentazioni indesiderate.

    2. Assenza di difetti sensoriali: il panel test deve confermare che il gusto è fruttato e pulito, senza odori sgradevoli.

  • Olio vergine di oliva → è simile, ma può avere piccoli difetti di gusto e un’acidità più alta (fino a 2 g per 100 g).

  • Olio di oliva (categoria commerciale) → è un mix di olio raffinato e una quota di vergine. Il raffinato è un olio corretto con trattamenti fisici/chimici per eliminare difetti e acidità troppo alta. Questo processo però riduce gran parte dei composti fenolici e degli aromi naturali .

2) Quante e quali “molecole buone” contiene

L’olio extravergine non è solo fatto di grassi. C’è anche una parte “minore” (1–2% circa) che però fa la differenza: sono i composti fenolici, piccole molecole con effetti protettivi.

Quanti ce ne sono?
  • Negli extravergini si trovano da 40 a 1000 mg di polifenoli per kg di olio, con una media di circa 300–350 mg/kg.

  • La quantità varia molto: dipende dal tipo di oliva (cultivar), dal momento della raccolta, dal clima, dal metodo di lavorazione e perfino da come viene conservato.

Quali sono i principali?
  • Acidi fenolici → acido caffeico, acido vanillico, acido gallico: hanno azione antiossidante.

  • Flavonoidi → apigenina, luteolina: sostanze vegetali che aiutano a ridurre lo stress ossidativo.

  • Alcoli fenolici → tirosolo e idrossitirosolo: i più abbondanti, molto studiati per la loro capacità di proteggere il cuore e i vasi sanguigni.

  • Lignani → pinoresinolo e acetossipinoresinolo.

  • Secoiridoidi → oleocantale e oleaceina, derivati dall’oleuropeina: sono responsabili del pizzicore in gola e hanno un’azione antinfiammatoria simile a quella di alcuni farmaci.

Cosa fanno?
  • Protezione antiossidante: limitano l’ossidazione delle LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”), un passaggio chiave dell’aterosclerosi.

  • Azione antinfiammatoria: l’oleocantale, ad esempio, agisce su vie simili a quelle dell’ibuprofene.

  • Supporto vascolare: migliorano la funzione dei vasi, favoriscono la produzione di ossido nitrico e riducono l’aggregazione delle piastrine.

  • Prevenzione a lungo termine: nei modelli animali, i polifenoli dell’olio hanno ritardato la progressione dell’aterosclerosi.

3) Quanto consumarne e claim salutistico in etichetta

Le linee guida nutrizionali italiane consigliano circa 20–30 g di olio extravergine al giorno, equivalenti a 2–3 cucchiai. È la quantità tipica di una dieta mediterranea equilibrata.

In alcuni contesti può avere senso arrivare fino a 50 g al giorno, ma solo se l’olio sostituisce altri grassi come burro o margarina. Non è quindi un “extra” da aggiungere sopra a tutto il resto, ma una scelta di sostituzione che mantiene il bilancio calorico senza rinunciare ai benefici dell’extravergine.

Il claim salutistico: cos’è e perché non lo vediamo in etichetta

Un claim salutistico è una frase approvata dall’Unione Europea che può comparire in etichetta solo se c’è una prova scientifica solida e verificata dall’EFSA. È quindi uno strumento importante perché garantisce che un beneficio non sia solo marketing, ma un effetto reale.

Per l’olio d’oliva esiste un claim: “i polifenoli dell’olio d’oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo”. Questo claim si può usare se l’olio contiene almeno 5 mg di idrossitirosolo e derivati ogni 20 g di prodotto.

Il problema è che, nella realtà, nessun produttore lo utilizza. I polifenoli come l’idrossitirosolo sono molecole antiossidanti che si degradano col tempo, e quindi un olio imbottigliato può non mantenere la stessa quantità fino alla scadenza. Per un produttore è troppo rischioso dichiarare un claim che potrebbe non essere più vero dopo alcuni mesi, per questo ti sfido a cercare questa dicitura nel tuo olio, sicuramente non la troverai.

4) Cosa rimane dopo l’estrazione e perché è utile

Quando si produce olio extravergine restano due sottoprodotti importanti: sansa e paté.

  • Sansa → è la parte solida composta da polpa e buccia. Nonostante sia considerata uno scarto, contiene quasi il 99% dei polifenoli dell’oliva. Questo succede perché molti di questi composti sono idrofili, cioè si sciolgono meglio in acqua che in olio, e quindi restano soprattutto nella parte umida e solida dopo la spremitura. La sansa può arrivare a concentrazioni di 30–40 mg di polifenoli per grammo: in pratica, 1 g di sansa può fornire tanti polifenoli quanto 200 g di olio.

  • Paté → è la polpa umida ottenuta con tecniche più moderne (senza nocciolo). È un materiale morbido, ricco di acqua e ancora più concentrato di sostanze benefiche. Da qui si possono ricavare integratori o arricchire alimenti come pane, pasta e snack.

tuttavia, la questione rimane complicata perché la disponibilità di olive non dura tutto l'anno ed inoltre questi prodotti sono molto più difficili da conservare dell'l'olio.

FAQ comuni

1. Che cosa significa che un olio è “extravergine di oliva”?
Vuol dire che è stato prodotto solo con processi meccanici (spremitura, centrifugazione) da olive sane. Non ha subito trattamenti chimici. Deve avere acidità libera molto bassa (≤ 0,8%) e non avere difetti di gusto o odore.

2. Come riconoscere un olio extravergine di buona qualità?
Alcuni indizi pratici:

  • data di produzione/imbottigliamento recente,

  • bottiglia scura o opaca,

  • origine dichiarata (zona, cultivar),

  • gusto leggermente amaro o piccante (segno di polifenoli).

3. Perché l’olio può essere torbido o “velato”?
Succede se non è stato filtrato, oppure se ci sono residui microscopici di polpa. Non è necessariamente un difetto: con il tempo queste particelle si depositano naturalmente.

4. Perché la bottiglia è scura?
La luce accelera l’ossidazione, cioè la degradazione dei polifenoli e degli acidi grassi. Una bottiglia scura fa passare molta meno luce rispetto a una trasparente, proteggendo meglio l’olio. Per questo i produttori seri usano vetro verde o marrone, così il prodotto mantiene più a lungo sapore e proprietà benefiche.

5. L’olio extravergine fa ingrassare?
Non necessariamente. È calorico, ma usato nelle giuste quantità (2-3 cucchiai al giorno) e soprattutto al posto di grassi meno sani come burro o margarina, si inserisce bene in una dieta equilibrata.

6. Posso usarlo per friggere?
Sì. L’extravergine è stabile al calore, ma è importante non superare temperature troppo alte: l’ideale è stare sotto i 180 °C.

7. Cosa significa “acido oleico” e perché è importante?
È il grasso principale dell’olio extravergine. Essendo un grasso monoinsaturo, contribuisce a tenere sotto controllo il colesterolo e rende l’olio stabile.

8. Posso accorgermi se l’olio ha perso le sue proprietà nel tempo?
Sì: se diventa piatto, dolciastro, con odore di cartone o rancido, significa che i polifenoli e gli aromi freschi si sono degradati.

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